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THE WOLF OF WALL STREET: VALORE REALE E BOLLA SPECULATIVA NEL MERCATO DEGLI OROLOGI DI LUSSO

  • Immagine del redattore: Fanter
    Fanter
  • 27 mag 2019
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 28 mag 2019


Wolf of wall street, credit: google.com

Questo titolo è volutamente provocatorio, e serve ad inquadrare subito il tema di questo articolo. A tal proposito, mi perdonerà chi si aspettava di leggere qualcosa di più tecnico, ma anche questa volta vi tocca sorbirvi un argomento di ampio respiro.

Venendo a noi, sento la necessità di spiegare il mio punto di vista su un tema caldo in questo periodo: l’orologio-investimento. Ma, soprattutto, sento la necessità di iniziare a chiamare certi comportamenti degli operatori del mercato con il loro nome, onde evitare pericoli per i più inesperti. Il tema, infatti, mi pare particolarmente in voga proprio perché è la grande schiera di neofiti a porre spesso la questione.

Sia chiaro, non c’è niente di male nel voler acquistare pezzi il cui valore possa crescere nel tempo, anzi, per molti è proprio parte del divertimento. Sono recenti, tra l’altro, le interviste a collezionisti e commercianti di orologi in occasione delle aste internazionali più importanti, in cui emerge proprio questo aspetto, senza considerare il fondo di investimenti specializzato esclusivamente in orologi. Il punto semmai è che tutti noi, a mio avviso, dobbiamo essere consapevoli dei rischi di questo “giochino” e che non tutti possono giocare la partita serenamente o a pari condizioni, perché serve preparazione.


 

OROLOGIO DA COLLEZIONE E/O DA INVESTIMENTO?

Prima di entrare a gamba tesa nell’argomento, però, è necessario fare qualche premessa. Innanzi tutto, non tutti gli orologi di lusso sono collezionabili e non tutti gli orologi di lusso possono essere degli investimenti. Frase quanto mai banale, ma allo stesso tempo vera.

Tuttavia, il problema si pone quando si cerca di spiegarla e si cerca di tirare quella linea immaginaria che divide i segnatempo tra collezionabili e non collezionabili. E qui dobbiamo fare una prima approssimazione, nel momento in cui definiamo collezionabile un orologio da investimento e viceversa: tale approssimazione è dettata dal trend dell’orologeria – soprattutto vintage – degli ultimi anni, in cui i social media (instagram in prima linea), i forum e i blog hanno ampliato la schiera di appassionati – e la relativa domanda – e fornito loro strumenti sempre più raffinati per migliorare le rispettive competenze nel settore. Non sempre, però, ciò che è collezionabile è anche un investimento, sebbene il boom dell’orologeria di lusso degli ultimi anni dica il contrario ed abbia causato una sovrapposizione tra orologio da collezione ed orologio da investimento.

Altra approssimazione attiene al concetto di investimento: per comodità, e per incapacità nello spiegare quali siano i famigerati “veri investimenti”, in questo articolo mi riferirò all’orologio che non solo tiene bene il proprio valore nel tempo, ma anche a quello il cui valore cresce col passare degli anni.

Dunque, chiarito che non tutti gli orologi di lusso sono anche da collezione, e che negli ultimi tempi l’orologio da collezione è anche un investimento, cerchiamo di tracciare quella linea di confine tra queste categorie.


 

LE CARATTERISTICHE DELL'OROLOGIO DA INVESTIMENTO

Ora, il tema è intrecciato fortemente con la concezione di collezionismo che ognuno possiede, e nel mare di libertà che è giusto riconoscere a ciascuno su questo argomento mi pare che possano individuarsi delle caratteristiche di fondo che gli orologi da collezione hanno, o dovrebbero avere. Anche qui, il discorso è un po’ generico, ma l’opinione che seguirà mi è parsa molto convincente, e tutto sommato corrispondente agli eventi degli ultimi anni.

Dove sta, allora, quella linea di confine a cui abbiamo accennato?

A mio parere, l’orologio deve possedere tre caratteristiche fondamentali: bellezza estetica, qualità tecnica e rarità. Il connubio di questi fattori crea l’orologio desiderabile per il collezionista. Ma qui sta il primo problema. Non tutti, infatti, sono in grado di individuare chiaramente queste qualità in ogni orologio, ed è questo il motivo per cui sono i collezionisti esperti a trasformare i propri acquisti anche in investimenti.

Ma procediamo con ordine.

 

LA BELLEZZA ESTETICA

È vero: non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace. Tuttavia, il gusto estetico negli orologi può essere “educato”, e in qualche modo si sviluppa col passare del tempo perché, in definitiva, anche gli orologi devono rispettare dei canoni stilistici. Mi piace pensare (ma Ben Clymer in questo mi ha preceduto) che il Daytona manuale debba il suo successo anche al suo design ed alle sue proporzioni: oggettivamente, è tra i cronografi sportivi più belli mai costruiti.

Insomma, proporzioni della cassa, design del quadrante, combinazione di sfere e indici, sono tutti fattori che si combinano per creare un orologio esteticamente appagante.

Inoltre, in questa categoria inserirei anche il discorso relativo alle famigerate “condizioni” di un orologio vintage: il grado di conservazione estetico – se, quindi, una cassa è stata lucidata o meno e un quadrante ristampato – rientra in quel genere di valutazioni che rendono un orologio “bello”.


Un tipo esempio, tra i vintage, di un orologio bello, di qualità e relativamente raro: lo Speedmaster 145.022. Credit: Matteo Fratini


QUALITÀ TECNICA

Questa forse è la caratteristica più difficilmente individuabile dall’utente inesperto: se, infatti, quest’ultimo può avere un gusto anche innato in fatto di orologi e cavarsela in punto di estetica, non altrettanto facile può essere valutare la tecnica di un segnatempo. In ogni caso, anche qui è banale constatare come la qualità meccanica, la qualità costruttiva e, in definitiva, i buoni movimenti, abbiano sempre regalato soddisfazioni e siano sempre stati apprezzati dai collezionisti. E come potrebbe essere altrimenti? L’orologeria tradizionale è sempre stata legata alla meccanica, e la buona meccanica è probabilmente l’aspetto più concreto, per così dire, su cui si basa il collezionismo di orologi. Il problema, semmai, è dotarsi di quel bagaglio di conoscenze necessarie ad individuare l’orologio pregevole meccanicamente.

Anche qui, inoltre, possiamo svolgere un discorso specifico per i vintage: quando si parla di coevità delle parti, si fa riferimento al fatto che tutte le componenti dell’orologio risalgano allo stesso periodo, in coerenza con l’anno di produzione dell’orologio stesso. Ebbene, se la lucidatura e la ristampa dei quadranti vanno ad intaccare il lato estetico di un orologio, a mio parere la coevità ha a che fare più con l’aspetto tecnico, valutabile tendenzialmente da un utente smaliziato.


RARITÀ

Questo è il cuore del collezionismo più spinto. Un orologio è collezionabile prima di tutto perché è raro, aspetto che incide più di altri anche sulle quotazioni.

Tra l’altro, la rarità è una qualità più che mai relativa e legata alla percezione del singolo: non incide sul punto solo l’effettiva quantità prodotta di un oggetto, ma anche la percezione che ciascuno di noi ha sulla difficile reperibilità di un dato orologio, percezione su cui tradizionalmente incide anche il famigerato rapporto domanda e offerta. Va da sé, infatti, che più è alta la domanda rispetto all’offerta, più si accentuerà il fattore rarità, anche a prescindere dalle effettive tirature realizzate. Anche in questo caso, però, l’utente esperto e conoscitore della reale situazione sul mercato sa riempire di significato questa parola, individuando ciò che davvero è difficile da comprare a prescindere soprattutto dai trend momentanei.

La rarità, poi, si intreccia con le altre caratteristiche sopra esaminate: ad esempio, sempre con riferimento al collezionismo vintage, sta diventando sempre più difficile reperire orologi coevi e nelle tanto osannate condizioni di “unpolished”, con relativa incidenza sul fattore rarità. Infatti, non mi stancherò mai di sottolineare come probabilmente i Seiko panda 6138-8020 in condizioni di nos esistenti si contino sulle dita di una mano, mentre mi pare di vedere un pò ovunque i celebri Daytona Paul Newman.

Insomma, di questi tempi già un orologio bello e fatto bene, coevo e ben conservato, sta diventando una chimera sul mercato degli orologi vintage.


Un esempio di edizione limitata di un orologio moderno: il Tag Heuer Carrera Fragment

 

LA STRATEGIA DELLE CASE TRA MARKETING E BAGARINAGGIO

Dunque, l’orologio collezionabile e, ormai, da investimento deve essere bello, di qualità e raro. Su questa affermazione spero che siate d’accordo, anche perché quanto sto per dire è una mia personale analisi della realtà basata proprio su questo assunto.

Ebbene, in un mercato che non vive più i fasti di un tempo, le case orologiere hanno capito, probabilmente, che una voce su cui insistere e concentrare il proprio marketing fosse, appunto, quella in grado di parlare al collezionista con le parole che abbiamo visto.

Tuttavia, come fare ad ampliare la schiera degli acquirenti-collezionisti a cui vendere gli orologi? Probabilmente attraverso la leva degli investimenti. In sostanza, allora, il messaggio potrebbe essere: “compra il mio prodotto e spendi molti soldi, tanto in caso di rivendita alla peggio li riprenderai tutti e nella migliore delle ipotesi avrai fatto un investimento per il futuro”.


Il classico degli sportivi Rolex: il Submariner

In questo caso, però, bisogna saper toccare le corde giuste e le case si sono concentrare molto di più sul fattore rarità, che, abbiamo visto, è più degli altri legato alle percezioni contingenti. Non solo, elevare la qualità meccanica o migliorare il design sono operazioni tendenzialmente più difficoltose per una manifattura, richiedendo più tempo e maggiori investimenti. La rarità, invece, è un aspetto su cui è più facile intervenire.

Non a caso viviamo in tempi in cui le edizioni limitate, commemorative, numerate, speciali ecc. sono sbucate in ogni catalogo come funghi, tanto che in alcuni casi, e per certe ricorrenze, ci si può aspettare la relativa “limited edition” (2019 anno di ricorrenze, avete presente?). Non solo, anche senza scomodare le edizioni limitate alcune case hanno adottato la politica delle consegne centellinate di alcuni modelli a produzione invariata (!), così da aumentare la percezione di rarità di quei pezzi attraverso la minore offerta sul mercato. Altri, infine, si stanno concentrando sul settore degli orologi usati, ricomprando gli stock di orologi invenduti o addirittura comprando intere aziende dedicate al mercato del secondo polso, di modo da gestirlo in prima persona (vedi il caso Watchfinder).

Ora, questi comportamenti o strategie – edizioni limitate, consegne centellinate e pilotate solo su alcuni clienti, controllo del mercato del secondo polso ecc. – sono pienamente lecite, e tutto sommato aumentano la percezione di valore dei prodotti e dei marchi coinvolti. Niente in contrario, soprattutto per il consumatore consapevole.

La denuncia latente di questo articolo, presente tra le righe fin dall’inizio, riguarda, invece, il comportamento di quei privati o commercianti che si inseriscono in queste strategie, tramite comportamenti che definirei di vero e proprio bagarinaggio. Mi riferisco a quanto sta succedendo ai Rolex sportivi in acciaio, letteralmente spariti dai rivenditori ufficiali, ma onnipresenti nelle vetrine di tutti i commercianti non ufficiali, detti “reseller”. Non sto puntando il dito su nessuno in particolare, anche perché probabilmente il fenomeno è alimentato più dai privati che non dai commercianti. In ogni caso, è evidente a tutti la strategia di accaparrarsi tutti i nuovi arrivi dei concessionari togliendoli dal mercato, concentrare su di sé la stragrande maggioranza dell’offerta e ributtare sul mercato quella merce a prezzi maggiorati, quasi a ricreare l’effetto di un accordo di cartello.

Cosa si possa fare contro questa pratica, in altri paesi già giudicata scorretta e perseguita con delle multe, non sono io a doverlo dire, possiamo tuttavia iniziare ad essere consapevoli del fenomeno e denunciare che gli sforzi della casa madre diretti ad arginare tale prassi sono largamente inefficaci (basti pensare alla circolare sulla rimozione delle pellicole, evidentemente cestinata subito da molti concessionari).

In conclusione, è difficile parlare di investimenti in orologi, a prescindere dalle mode. Certo, gli orologi sono anche investimenti ed il collezionista esperto ha probabilmente tutti gli strumenti per giudicare cosa sia bello, ben costruito e raro allo stesso tempo. Per gli altri consumatori, come sempre, non resta che informarsi e valutare le cose per quello che sono, compresa la paradossale situazione di irreperibilità anche di orologi prodotti industrialmente e senza particolari pregi meccanici.

Credo sempre che, in definitiva, l’acquisto consapevole sia già un gran risultato per tutti.


P.S. Ah, nessuno ha la sfera di cristallo, o sa leggere in modo attendibile i fondi di caffè, altrimenti saremmo tutti ricchi ed io sarei un amico del suddetto Ben Clymer.

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